sabato 17 settembre 2011

33 dischi senza i quali non si può vivere: 2° album

The Beatles
REVOLVER
1966

01. Taxman (Harrison) - 2:39
02. Eleanor Rigby (Lennon, McCartney) - 2:08
03. I'm Only Sleeping (Lennon, McCartney) - 3:02
04. Love You To (Harrison) - 3:01
05. Here, There and Everywhere (Lennon, McCartney) - 2:26
06. Yellow Submarine (Lennon, McCartney) - 2:40
07. She Said She Said (Lennon, McCartney) - 2:37
08. Good Day Sunshine (Lennon, McCartney) - 2:10
09. And Your Bird Can Sing (Lennon, McCartney) - 2:02
10. For No One (Lennon, McCartney) - 2:01
11. Doctor Robert (Lennon, McCartney) - 2:15
12. I Want to Tell You (Harrison) - 2:30
13. Got to Get You into My Life (Lennon, McCartney) - 2:31
14. Tomorrow Never Knows (Lennon, McCartney) - 2:57

(Il testo che segue è tratto dal libro 33 dischi senza i quali non si può vivere di Ernesto Assante e Gino Castaldo)

[…] Durante la lavorazione di Help! John e Paul avevano già abbozzato
Paperback Writer


e Rain

il preludio a Revolver, un eccezionale singolo a due facciate A. Anzi, Revolver potrebbe essere incorniciato da due singoli che l'hanno preceduto e seguito. A precederlo c'è stato Paperback Writer/Rain, a seguire

Strawberry Fields Forever


e Penny Lane

Quattro canzoni di una bellezza inquietante, nuove come ibridi nati da un giardino fatato. In Paperback Writer e Rain ci sono già i germi della rivoluzione musicale che fu completata in Revolver, e a tutti gli effetti fanno parte di quel disco perché furono incise durante le stesse sedute di registrazione. Stava inoltre crescendo la percezione dell'album come entità a se stante, non solo una raccolta di singoli. Già Rubber Soul era stato un notevole passo avanti. Era stato anche l'inizio della fase più creativa e sperimentale. Tutti concordarono sul fatto che Rubber Soul, come dice Bob Spitz, avesse «alzato l'asticella, tanto da spingere i musicisti a ripensare il loro modo di scrivere e registrare canzoni».
Revolver non è solo un disco seminale, è il disco che ha cambiato definitivamente il volto della musica popolare, mutandola senza più tentennamenti in una forma d'arte, completa e immaginifica.
Il gruppo era spinto da una vera e propria ossessione per il suono. Il suono come elemento definitivo, fotografico, pittorico della canzone. Ogni strumento doveva suonare diverso dalla sua naturale inclinazione. Per questo è affascinante ascoltare le trasformazioni dei pezzi (oggi sono ampiamente disponibili versioni demo e prove di studio) dalla prima idea espressa con voce e chitarra fino all'esito finale. Sembra il percorso dell'alchimia: il semplice ferro, in rapida successione, si trasforma immancabilmente in oro.
Quando si ritrovarono in studio il 6 aprile del 1966, la sala era piena di strumenti, e cominciarono dalla fine, dal brano che avrebbe chiuso l'album e che era di gran lunga il più avveniristico. Il titolo era Tomorrow never Knows, un pezzo profetico. L'ultimo brano della sequenza e l'inizio ufficiale dell'avanguardia rock.


John aveva letto L'esperienza psichedelica di Leary, e aveva seguito le istruzioni alla lettera. Spegni la mente, rilassati, galleggia sulla corrente. Un richiamo irresistibile. Si chiuse in casa, ingoiò un acido e l'immagine venne fuori in modo distinto. Il pezzo era su un solo accordo di do maggiore, fatto allora inaudito. Quando uscì il disco fu il pezzo più difficile da accettare, anzi, all'inizio suonava talmente alieno da risultare quasi invisibile, ci voleva del tempo per rendersi conto che c'era e che era l'indicazione più visionaria di tutto l'album.
Ma andiamo per ordine. Il disco comincia con un pezzo firmato da George Harrison, che su Revolver infilò addirittura tre brani, fatto senza precedenti. Il suo ruolo compositivo stava finalmente crescendo all'interno del gruppo. Per Ringo c'erano poche chance.
«Era dura con Lennon e McCartney in giro, – raccontò poi – mi prendevano sempre in giro perché quando arrivavo con una canzone mi dicevano: bella, ma esiste già. Ero bravissimo a riscrivere le canzoni di Jerry Lee Lewis.»
Ma anche per George all'inizio non era stato facile, non lo sarebbe stato per chiunque. Con Revolver la sua figura inizia a prendere corpo. Taxman è il più forte dei tre brani, un pezzo ficcante, una caustica satira contro il governo inglese che in quel periodo bersagliava i contribuenti con aliquote pazzesche (il coretto irride al premier, Mr Wilson). Harrison era infuriato da questo atteggiamento e riversò la sua rabbia nella canzone, utilizzata come apertura del disco.


[…] Harrison scrisse anche Love You To, che rappresenta l'evoluzione del suo interesse per la musica indiana.
[…] Il terzo pezzo, I Want to Tell You, parte invece con una robusta chitarra elettrica, scandita in modo ritmicamente irregolare, del tutto «occidentale». Ma George introduce nel testo l'ispirazione orientale che cominciava a invadere i suoi pensieri:
Voglio dirtelo, ho la testa piena di cose da dire,
quando tu sei qui, tutte queste parole sembrano scivolare via...

parlando di comunicazione e contraddizione tra diversi livelli di coscienza.
[…] Nella cantina di casa della fidanzata Jane Asher, Paul aveva trovato l'ispirazione per qualcosa di completamente nuovo. Era Eleanor Rigby (il nome era ispirato a Eleanor Bron, l'attrice co-protagonista di Help!, e a un negozio della zona portuale di Bristol, Rigby & Amp). Si è scoperto che nel cimitero della chiesa di St. Peter a Woolton, vicino al sobborgo di Alerton nel quale abitò McCartney, c'è una lapide dedicata a una certa Eleanor Rigby (1895-1939). Il Father MacKenzie della canzone doveva essere inizialmente Father McCartney, ma si preferì l'altro cognome, trovato sull'elenco telefonico di Liverpool. Anche John aveva abbozzato qualcosa, e successivamente rivendicò la paternità di buona parte del testo. Sta di fatto che Eleanor Rigby è un capolavoro nel capolavoro, scioccante per il pubblico giovanile di allora, col suo crudo realismo in bianco e nero, contrastante con l'avvento colorato del power flower, perché parlava di morte, di solitudine, con immagini letterariamente straordinarie. Eleanor Rigby, dice la canzone nel suo memorabile incipit, «picks up the rice in the church where a wedding has been», raccoglie il riso gettato sugli sposi, immagine sublime e agghiacciante allo stesso tempo che in poche parole evoca un'intera esistenza, e «waits at the window, wearing the face that she keeps in a jar by the door», aspetta alla finestra indossando un viso che tiene in un vaso accanto alla porta. E' uno dei punti più alti della scrittura beatlesiana.

(Video tratto dal film Yellow Submarine)

[…] Lo stile di Lennon irrompeva nel disco subito dopo Eleanor Rigby col sognante elogio della pigrizia di I'm only Sleeping, un'oppiacea invocazione di pace, la voglia di sognare quietamente, di coltivare lo stato del dormiveglia, come fosse un crepuscolo della coscienza. In fondo, dice Lennon, sto solo dormendo.


[…] Here, There and Everywhere è una tipica ballata romantica di Paul, deliziosa, con una bella progressione di accordi e un prezioso lavoro sui cori.


[…] Che i Beatles ne fossero coscienti o meno, il disco era talmente avanti che le reazioni della critica furono divergenti, confuse. Era un disco che tutto sommato ancora non riuscivano a capire. Il pubblico, più disponibile, lo accettò immediatamente ma ci mise mesi per mettere a fuoco tutto quello che conteneva, grazie alla molteplicità dei livelli che offriva. C'erano canzoni più semplici e altre decisamente avveniristiche.
Di fatto Revolver ha mutato radicalmente il modo in cui si pensavano e realizzavano i dischi, ha cambiato la percezione del disco, da semplice raccolta di pezzi a opera, da basilare intrattenimento a forma d'arte. Aveva disegnato un nuovo orizzonte, una prospettiva che in quel momento sembrava illimitata.

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